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liquidazione del patrimonio: dai poteri delle parti alla distribuzione

È una procedura alternativa alla proposta di accordo e al piano del consumatore. Comporta la messa a disposizione di tutti i beni e degli eventuali crediti, la nomina di un liquidatore con il compito di vendere i beni, esigere o cedere i crediti, realizzare il valore economico del tutto e distribuirlo ai creditori.

La procedura per ottenere la liquidazione dei beni comporta:

  • che essa abbia ad oggetto tutti i beni del debitore e sia intesa a far concorrere alla ripartizione del ricavato tutti i creditori;
  • che restino esclusi solo i beni assolutamente impignorabili e i crediti alimentari e di mantenimento limitatamente a quanto occorre per il mantenimento del debitore e della sua famiglia;
  • che ricadano nella liquidazione anche i beni eventualmente sopravvenuti nel corso del quadriennio successivo al deposito della domanda, dedotte le passività incontrate per il loro acquisto e conservazione;
  • che il giudice disponga forme di pubblicità e, nel caso in cui si tratti di imprenditori, l’annotazione nel registro delle imprese, oltre alle formalità di trascrizione per i beni immobili e per i mobili registrati;

la nomina di un liquidatore che avrà il compito di: amministrare i beni oggetto della liquidazione; verificare l’elenco dei creditori e sollecitarne l’intervento alla partecipazione alla procedura; formare l’inventario di tutti i beni del debitore e redigere lo stato passivo, cioè l’elenco dei titolari dei crediti da soddisfare; predisporre un programma di liquidazione e  dare attuazione allo stesso e cioè alla realizzazione (di norma vendita a condizioni di mercato o comunque cessione a terzi dietro corrispettivo) di tutto il compendio patrimoniale sottoposto alla procedura, in esso compresa la realizzazione di eventuali diritti ancora non esercitati (acquisizione della disponibilità di beni del debitore esistenti presso terzi, recupero dei crediti); distribuire il ricavato fra i creditori.

Quando avviene una liquidazione del patrimonio, i creditori hanno a disposizione diversi strumenti con i quali è possibile muovere contestazioni al riparto e il giudice possiede determinati poteri procedurali.

Prima di vedere questi strumenti è necessario fare una premessa: occorre rivolgersi alla recente introduzione del Codice della Crisi e dell’Insolvenza, che ha modificato, anche sotto tale aspetto la normativa precedente.

In particolare, all’art. 220 CCI, che disciplina il procedimento di ripartizione, a sua volta successivo alla fase di accertamento del passivo: a questo proposito giova sottolineare che il D.Lgs. 147/2020 ha modificato la norma e ha introdotto una specifica previsione relativa alla comunicazione dell’esito del procedimento di accertamento del passivo preso in esame all’art. 205 CCI.

Si prevede che il curatore debba dare comunicazione immediata ai ricorrenti della dichiarazione di esecutività dello stato passivo, informare i ricorrenti del diritto di proporre opposizione in caso di mancato accoglimento della domanda allegando anche una copia dello stato passivo reso esecutivo.

Ad oggi è richiesto che la comunicazione debba contenere una sintetica esposizione delle concrete prospettive di soddisfacimento dei creditori concorsuali.

La fase della liquidazione dell’attivo si sviluppa in tre momenti, consistenti:

  • nella predisposizione del programma di liquidazione;
  • nella cessione dei beni (vendita dell’azienda o di suoi rami o di beni o rapporti in blocco; cessioni di crediti, azioni revocatorie e partecipazioni);
  • e nella vendita dei diritti sulle opere dell’ingegno, sulle invenzioni industriali e sui marchi.

Come da corrispondente disposizione dell’art. 104-ter L.Fall., la disciplina del programma di liquidazione è stata oggetto di cambiamenti resi necessari dagli indirizzi che la legge delega imponeva.

Si può notare come i termini per la redazione del programma di liquidazione da parte del curatore (art. 6 c. 1 DL 83/2015, convertito, con modificazioni, dalla L. 132/2015) siano rimasti identici, e come il curatore non possa più affidare ad altri professionisti o a società specializzate alcune incombenze della procedura di liquidazione dell’attivo.

Ciò significa che tutti i rapporti si giocano, anche nella fase di liquidazione, tra curatore, creditori e giudice.

Si può notare come la nuova norma non indichi più un contenuto dettagliato e omnicomprensivo del programma di liquidazione, come accadeva nel già citato art. 104-ter L.Fall.: oggi il testo legislativo si limita a precisare che il programma è diviso in sezioni e che esso deve avere dei contenuti minimi.

Gli elementi essenziali del programma di liquidazione sono:

  • i criteri e le modalità della liquidazione dei beni immobili;
  • i criteri e le modalità della liquidazione degli altri beni;
  •  i criteri e le modalità della riscossione dei crediti, con indicazione dei costi e dei presumibili tempi di realizzo; l’indicazione delle azioni giudiziali di qualunque natura;
  •   l’indicazione del subentro nelle liti pendenti, con i costi per il primo grado di giudizio.

Il programma deve indicare gli atti necessari per la conservazione del valore dell’impresa e il termine di presumibile completamento della liquidazione dell’attivo che non può eccedere i cinque anni dal deposito della sentenza di apertura della procedura, ad eccezione di casi particolari in cui il termine può essere prolungato fino a sette anni con provvedimento del giudice delegato.

Il legislatore vuole che l’attività di liquidazione abbia inizio il prima possibile: ecco perché è stato fissato un termine entro il quale l’attività liquidatoria deve avere inizio.

Anche se il curatore ha la possibilità di redigere un supplemento del programma di liquidazione, laddove siano sopravvenute esigenze, mentre è stata eliminata la possibilità per il comitato dei creditori di proporre al curatore modifiche al programma.

Ai fini di un maggior controllo sulla liquidazione si prevede che i singoli atti debbano essere approvati dal giudice delegato, previa verifica di conformità con il programma.

Il potere del giudice delegato è quello di dichiarare esecutivo il progetto, a conclusione di un iter di valutazione della legittimità del percorso fino a quel momento svolto.